Basket, NBA 2020. È trascorso un mese dall’inizio della NBA. Tre gli azzurri impegnati nel campionato di pallacanestro oltreoceano: Danilo Galinari in maglia Oklahoma City Thunder, Marco Belinelli in forza ai San Antonio Spurs e Nicolò Melli, alla prima stagione nella lega, con i New Orleans Pelicans. 

Danilo Gallinari dà il cinque al compagno in maglia Thunder Chris Paul (fonte: profilo Twitter ufficiale di Danilo Gallinari)

Basket, NBA 2020: la stagione delle sorprese

È trascorso un mese dall’inizio della stagione 2019/2020 della NBA, il campionato di pallacanestro oltreoceano, il più competitivo al mondo. E, dopo meno di una ventina di partite, la stagione si sta dimostrando, come da pronostico, ricca di sorprese e novità. 

Al vertice delle due Conference si stanziano per ora, a Est, i Milwaukee Bucks (15 vittorie e 3 sconfitte il loro record) di Giannis Antetokoumpo e, a Ovest, i Los Angeles Lakers (16-2) di LeBron James ed Anthony Davis. I primi forti del miglior net rating (il differenziale tra punti fatti e subiti a partita, per cento possessi) della lega; i secondi con il miglior record tra le trenta squadre della NBA, complice l’inizio di LBJ e l’attenzione in difesa della squadra di coach Frank Vogel.

Ad inseguire i “cervi” i ritrovati Boston Celtics (13-4); i campioni in carica, orfani dell’MVP Kawhi Leonard, i Toronto Raptors (13-4); ed una delle sorprese di inizio stagione, i Miami Heat (12-5) di Jimmy Butler. Alle spalle di LeBron e compagni, invece, i Denver Nuggets (13-3), forti della miglior difesa della lega; i Los Angeles Clippers (14-5), guidati dalle stelle angelene Kawhi Leonard e Paul George; e gli Houston Rockets (12-6), trascinati da un James Harden con quasi quaranta punti di media a partita. 

Sempre ad Ovest, ma andando verso la parte inferiore della classifica di Conference, si trovano le franchigie di apparenza dei tre azzurri impegnati nella NBA quest’anno: gli Oklahoma City Thunder (6-11) di Danilo Gallinari, i New Orleans Pelicans (6-12) di Nicolò Melli e i San Antonio Spurs (6-13) di Marco Belinelli.

Tre record molto simili per delle franchigie molto diverse, alle prese con momenti differenti. Esattamente come per gli azzurri. 

Thunder: quale futuro per la franchigia del “miglior compagno di squadra” di Chris Paul?

“Danilo Gallinari è il miglior compagno di squadra con cui ho giocato”. Queste le parole al miele pronunciate da Chris Paul, uno dei migliori playmaker della lega e della storia del gioco, parlando del Gallo. Una delle liete notizie dell’azzurro, insieme alla propria condizione fisica e alle cifre fin qui messe a referto, nella difficoltosa stagione che la stella dell’ItalBasket sta vivendo in Oklahoma.

I Thunder, infatti, sono l’epitome della franchigia in divenire. Dopo la cessione, in estate, di Paul George prima e di Russell Westbrook poi, OKC è in fase di ridefinizione. E l’inizio di stagione, 6 vittorie e 11 sconfitte, lascia intendere che proprio le due stelle della squadra, Chris Paul e Danilo Gallinari, potrebbero essere cedute nel corso dell’annata, nel tentativo di gettare le fondamenta per la ricostruzione la franchigia, al momento immersa nel limbo NBA. 

18.3 punti (secondo realizzatore della squadra), 5.1 rimbalzi (terzo rimbalzista in maglia OKC) e 1.9 assist in 29.9 minuti le medie dell’inizio stagione di Gallinari. Che col 40,4% è tra i migliori cinque giocatori, tra quelli con almeno 6.5 tentativi a partita, al pari di Kemba Walker e Devonte’ Graham, per percentuale dai tre punti. Nonché in top-ten, nono per percentuale ai liberi, col 92%. Cifre assolutamente incoraggianti, sia per la stagione in corso, al netto di quelle che saranno le scelte dirigenziali di OKC, che per l’estate futura, quando Danilo sarà free agent

Danilo Gallinari e Chris Paul a colloquio durante una partita (fonte: profilo Twitter ufficiale di Danilo Gallinari)

Pelicans: il debutto di Melli e la difficile attesa di Zion 

I New Orleans Pelicans, alla stregua degli Oklahoma City Thunder, sono alle prese con una stagione particolare. Dopo la cessione di Anthony Davis ai Lakers, che ha portato nella Louisiana Brandon Ingram, Lonzo Ball, Josh Hart e un’innumerevole quantità di prime scelte ed opzioni, Alvin Gentry e il proprio coaching staff sono chiamati a una difficile gestione di un gruppo molto da giovane, di una squadra tutta “da fare”

Ed è in quest’ottica che va letto l’impatto di Nicolò Melli nella NBA. Nick ha giocato sedici delle diciotto partite disputate fin qui dalla franchigia, partendo in quintetto ben tre volte. 6.4 punti, 3 rimbalzi e 1.3 assist in 16.4 minuti le medie dell’azzurro, che in cinque occasioni è andato in doppia cifra alla voce punti. Tra queste, il roboante debutto stagionale, contro i campioni in carica, i Toronto Raptors: 14 punti con 4/5 dall’arco, 5 rimbalzi e 2 assist in meno di venti minuti.

Lo spazio, fondamentale nella prima stagione NBA, che Nicolò Melli avrà ai Pelicans non sarà dettato (solamente) dalle prove in campo dell’azzurro, ma anche, e soprattutto, dalle modalità di gestione del collettivo che verranno operate da coach Gentry. Il quale, almeno nella prima parte di stagione, dovrà innanzitutto “conoscere” la propria squadra, cercando di definire le rotazioni. Le quali, per altro, verranno completamente stravolte non appena il rookie, ma già stella, di New Orleans, Zio Williamson, sarà arruolabile per il debutto nella lega.  

Il difficile momento di New Orleans, 6 vittorie e 12 sconfitte, è contrassegnato dalle lacune della squadra nella propria metà campo. I “pellicani” sono la ventottesima franchigia per efficienza difensiva: questo è il primo tassello da incastonare nel difficile mosaico della Louisiana, per rendere migliore una stagione obiettivamente senza pretese, ma condita da parecchio entusiasmo. In attesa che il ritorno di Williamson fornisca maggiori indizi su quel che sarà del futuro di NOP e di Nicolò Melli. 

Le difficoltà degli Spurs e di Marco Belinelli

Tra le sorprese della stagione, ma in negativo, c’è indubbiamente la partenza dei San Antonio Spurs. I quali, dopo quattro vittorie nelle prime cinque, hanno raccolto solo due successi nei successivi quattordici match. A pesare sul fatturato, storico considerato che gli speroni vanno consecutivamente ai playoff dalla stagione 1997-97, ovvero dalla formazione del sodalizio Popovich-Duncan (quest’anno riproposto in panchina), la prestazione difensiva della squadra. Tradizionalmente punto di forza dei texani, i nero-argento sono la penultima franchigia per punti concessi su cento possessi: una dato che vanifica i buoni riscontri ottenuti nella metà campo avversaria, dove invece gli Spurs sono in top-ten per efficienza.

Inoltre, a dimostrazione dell’unicità dell’annata di San Antonio, da sempre ostile nei confronti sia dei rumors che delle operazioni di mercato a stagione in corso, numerose voci si rincorrono rispetto alla possibilità che DeMar Derozan e LaMarcus Aldridge, le due stelle della franchigia, possano lasciare la corte di coach Pop. 

Tra gli Spurs più in difficoltà figura sicuramente Marco Belinelli. L’azzurro ha iniziato la stagione tirando ben al di sotto dei propri standard, mai così male nel corso della propria avventura oltreoceano. 28.8% dal campo, di cui 29.6% da tre e 62.5% ai liberi, per un 36% di percentuale reale al tiro (a fronte di un 50.9% “reale”, 37.5% da tre e 84.4% ai liberi in più di ottocento partite in carriera nella NBA). Belinelli si è detto, ai microfoni dei giornalisti texani, “furioso” per le proprie prestazioni al tiro. “Avevo giocato tanti minuti con la maglia della Nazionale agli ultimi Mondiali e mi sentivo bene, in forma, pronto a iniziare alla grande” ha spiegato l’azzurro. “Ho bisogno di segnare un po’ di più, questo è poco ma sicuro. La vita di un tiratore è così: a volte il pallone entra, altre no”.

Ciò nonostante, la differenza tra giocare male e tirare male è sottile ma fondamentale, soprattutto in riferimento ad un giocatore come Marco Belinelli: un tiratore, certo, ma anche un veterano della lega. “A un occhio non allenato, al tifoso medio, magari questa cosa sfugge, ma Marco si muove sempre molto, e molto bene, senza palla, e così facendo libera tantissimi di noi al tiro” ha detto un altro dei giocatori chiave in nero-argento in uscita dalla panchina, Patty Mills. 

Sicuramente le cifre non danno ragione alle prestazioni dell’azzurro, lo scorso anno il miglior marcatore in uscita dalla panchina di San Antonio, quest’anno fermo a quota 5 di media. La stella ItalBasket necessita di ritrovare un po’ di fiducia, “basta anche soltanto una partita” ha detto, nella speranza che oltre a Marco ricomincino a marciare a pieno regime anche i San Antonio Spurs.

Marco Belinelli in campo affianco dei compagni in maglia Spurs Rudy Gay, Derrick White e Patty Mills (fonte: profilo Twitter ufficiale di Marco Belinelli)
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Niki Figus
Giornalista pubblicista. Naufrago del mare che sta tra il dire e il fare. Un libro, punk-rock, wrestling, carta e penna.

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