Basket, playoff NBA 2020. Dopo la storica decisione dei giocatori di boicottare alcune gare, giovedì 27 agosto, per protestare dopo il caso Jacob Blake, la NBA ha ufficialmente comunicato che si tornerà in campo venerdì o, al più tardi, e più probabilmente, sabato.
Basket, playoff NBA 2020: dopo il boicottaggio di ieri, per protestare contro il caso Jacob Blake, si tornerà in campo al più tardi sabato
Venerdì, o al più tardi, e molto probabilmente, sabato. I playoff della NBA, dunque, ricominceranno.
Questo è quanto hanno deciso giocatori e proprietà, riunitisi ieri pomeriggio e nella notte italiana, dopo la storica decisione dei cestisti della NBA di non scendere in campo, nella notte italiana tra mercoledì 26 e giovedì 27, attuando di fatto un boicottaggio, per protestare contro il caso Jacob Blake, afroamericano raggiunto alla schiena da sette colpi di pistola, esplosi da un ufficiale di polizia a Kenosha, Wisconsin. Città in cui sono seguiti numerosi disordini e ove, attualmente, è presente anche la Guardia Nazionale americana.
Il cui lavoro, nella notte, è stato elogiato dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha contestualmente detto, polemicamente, che la NBA “è ormai diventata un’associazione politica”.
“Le gare di playoff di oggi [giovedì 27 agosto, ndr] non verranno disputate come da calendario” recita il comunicato ufficiale della NBA.
“Speriamo di poter tornare in campo venerdì o sabato. Per discutere i prossimi passi è stata organizzata nel tardo pomeriggio [statunitense, ndr] una video conference call tra un gruppo di giocatori NBA, i dirigente delle tredici squadre presenti a Orlando, dirigenti della NBPA e della NBA, oltre che al chairman dell’NBA Labor Relations Committee Michael Jordan”.
Il ruolo di Michael Jordan
Proprio “his airness”, Michael Jordan, avrebbe avuto un ruolo di mediazione fondamentale con i giocatori. MJ, infatti, unico proprietario afro-americano della lega, personalità molto ascoltata dai giocatori NBA in virtù del proprio ruolo, e di quanto fatto sul parquet, sarebbe stato, secondo la giornalista di ESPN Jackie MacMullan, “la voce della ragione”.
Jordan, oltre che presidente degli Charlotte Hornets, è anche il chairman del Labor Relations Committee voluto dalla NBA, una figura di raccordo tra cestisti e proprietari. “In questo momento è più importante ascoltare che parlare” avrebbe detto ai suoi colleghi a capo delle varie franchigie, ai quali i giocatori hanno chiesto un impegno maggiore a supporto della causa del movimento Black Lives Matter. E, dopo aver creato un fondo da 300 milioni di dollari in dieci anni a sostegno delle imprese gestite da afro-americani, i proprietari si sono impegnati a organizzare altre iniziative, aprendo uno spiraglio nei confronti delle richieste dei giocatori.
La “bolla” come piattaforma per il cambiamento
Dopo le proteste dei mesi scorsi, sull’opportunità o meno di ricominciare la stagione, e nonostante alcuni giocatori, in particolare quelli delle due franchigie di Los Angeles, Lakers e Clippers, fossero contrari al ritorno in campo, i playoff NBA sono destinati a continuare.
Il dibattito, tuttavia, è ancora molto vivace nella “bolla”. Animato, non da ultimo, dal fatto che la decisione è stata presa all’ultimo momento dai Milwaukee Bucks, con il resto delle squadre a fermarsi condividendo nel merito, ma non nel metodo, il boicottaggio. Una “no-win situation” secondo LeBron James, che pungolato dal veterano di lungo corso, ed ex compagno di squadra ai Miami Heat, Udonis Haslem, avrebbe detto di non voler tornare a giocare.
Non l’unica discussione molto accesa nella “bolla”. Giacché, ad esempio, la direttrice esecutiva dell’associazione giocatori Michele Roberts, in un meeting con i cestisti atto a illustrare le possibili perdite economiche derivanti dal non ritorno in campo, sarebbe stata più volte interrotta da Patrick Beverley; quest’ultimo poi, alla richiesta di poter continuare della Roberts, le avrebbe risposto: “No, perché io pago il tuo stipendio”. Una frase che avrebbe suscitato la forte reazione di Haslem, ma anche di Chris Paul, stella di OKC e presidente dell’associazione giocatori, e di altri presenti.
Tuttavia, come riportato dalla giornalista di Bleacher Report Taylor Rooks, molti dei cestiti della lega ritengono che proprio la bolla di Orlando possa costituire un’importante piattaforma di promozione del cambiamento. E a giudicare dall’eco della decisione, dalla portata storica, avendo anche coinvolto buona parte dello sport americano, con Major League Baseball, Major League Soccer e i circuiti tennistici ATP e WTA a incrociare anch’essi le braccia, pare proprio sia così.
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