Le Olimpiadi di Tokyo 2020 vedranno l’esordio del karate come disciplina a cinque cerchi: a tre anni dai Giochi giapponesi, qual è la situazione del karate azzurro, e quali sono le nostre speranze di medaglia al momento? Scopritelo nella nostra inchiesta!

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Luigi Busà è uno dei più grandi atleti del karate italiano (Fonte foto: oasport.it)

VERSO TOKYO 2020: LA SITUAZIONE DEL KARATE ITALIANO

Solidità, crescita costante e… medaglie: lo possiamo dire, l’Italia sportiva ha esultato al momento dell’annuncio del karate come nuova disciplina olimpica in vista dei Giochi di Tokyo 2020, perchè il movimento azzurro è forte e ricco di (potenziali) ricambi in vista di un quadriennio intenso e ricco di eventi internazionali. L’hanno dimostrato i Mondiali dello scorso anno, e gli Europei di Kocaeli ci hanno dato un’ulteriore conferma di quello che ormai è un dato di fatto: è un movimento variegato, quello italiano, che ”costruisce” grandi atleti sia nel kata che nel kumite, le due specialità in cui si divide il karate, che verranno ovviamente rappresentate anche alle Olimpiadi. Il programma di Tokyo 2020 prevede infatti le gare di kata maschile e femminile (ma niente prove a squadre, purtroppo) e tre categorie di kumite sia al maschile (67kg, 75kg e +75kg) che al femminile (55kg, 61kg e +61kg): una distribuzione che potrebbe penalizzare alcuni degli azzurri, vista la sforbiciata delle categorie e la limitazione dei partecipanti a 10 atleti (un giapponese, una wild card e i migliori 8 del ranking internazionale: possibile un tabellone con due gruppi da 5, e i primi due alle semifinali), ma che dà anche delle ampie certezze agli azzurri, vista la forza dei nostri atleti.

E allora, scendiamo nei dettagli di un movimento forte e ricco di sfaccettature: i Mondiali 2016 hanno portato all’Italia quattro bronzi, coi terzi posti di Luigi Busà nel kumite 75kg e di Viviana Bottaro nel kata femminile, oltre che delle due squadre del kata, disciplina che ci vede tra le nazioni leader mondiali. E qui apriamo una piccola parentesi, perchè i termini kata e kumite potrebbero non essere noti a tutti: il kata è la variante ”tecnica” del karate, la gara che premia la pulizia d’esecuzione e la perfezione del movimento. L’atleta viene chiamato a fare un combattimento contro un avversario immaginario, con una serie di colpi prestabiliti da eseguire nel miglior modo possibile e secondo tecniche e tempistiche ben precise: una gara che premia la perfezione del gesto e richiede il totale autocontrollo e la totale conoscenza della disciplina da parte dell’atleta, mentre il kumite non è nient’altro che il combattimento contro un altro atleta, nel quale però (attenzione), qualora i due sfidanti fossero alla pari, conterebbe comunque la precisione del gesto tecnico per stabilire un vincitore. Chiusa parentesi, e torniamo alle gare: se i Mondiali di Linz (escludendo il 5° posto di Sara Cardin, che solitamente è garanzia di medaglia) avevano fatto capire la forza del nostro movimento, gli Europei di Kocaeli ci hanno dato la definitiva dimostrazione del valore degli atleti azzurri. 8 medaglie, equamente divise tra kata e kumite: dal kumite arrivano gli ori di Luigi Busà (75kg, quarto titolo continentale) e Simone Marino (+84kg, un’impresa per il 20enne), ma anche l’argento di Sara Cardin (55kg) e il bronzo del talento Angelo Crescenzo (60kg). Il kata invece ci riserva l’oro della squadra femminile (Bottaro-Battaglia-Pezzetti, 5-0 alla Francia), gli argenti della stessa Viviana Bottaro e della squadra maschile (Busato-Iodice-Tocco), e il bronzo di Busato nella gara individuale maschile. Noterete che i nomi dei medagliati azzurri, nonostante la solidità del movimento, sono ricorrenti, e dunque andiamo a fare una panoramica su quelli che sono i protagonisti del karate italiano.

Sara Cardin è, con Luigi Busà, la punta di diamante della nazionale azzurra

KARATE MADE IN ITALY: LUIGI BUSÀ E SARA CARDIN SONO LE CERTEZZE DI UN MOVIMENTO SOLIDO, QUANTI GIOVANI ALLE SPALLE!

Luigi Busà e Sara Cardin: sono loro i protagonisti assoluti della nazionale azzurra, e potrebbero essere proprio loro a portare all’Italia le prime medaglie olimpiche in questa disciplina: entrambi classe ’87, entrambi nel gotha nelle rispettive classi, che li hanno visti sul podio nell’Europeo. Busà, nato ad Avola, vanta in carriera cinque medaglie iridate (oro a Tampere 2006 e Parigi 2012, argento a Belgrado 2010 e Brema 2014 e bronzo ”ottobrino” a Linz) e quattro titoli europei nel kumite classe 75kg, con tre titoli consecutivi: il karate lo vede tra i protagonisti mondiali da quando aveva 19 anni, e lo vedrà ancora ad altissimi livelli per molto. È lui, insieme a Sara Cardin, il leader del movimento del kumite azzurro: l’atleta nata a Conegliano è infatti di pari valore, visti i 4 ori consecutivi agli Europei nella classe 55kg, che l’ha vista mancare per un soffio il pokerissimo a Kocaeli (è arrivato l’argento). E se a questo aggiungiamo l’oro iridato del 2014, abbiamo la definitiva percezione di una fuoriclasse mondiale, che si esalta durante i grandi eventi (delusione di Linz a parte): insomma, le Olimpiadi potrebbero rappresentare l’apoteosi per Busà e Cardin, che sicuramente si presenteranno a questo grande evento in forma smagliante. Ma sarebbe sbagliato ridurre il movimento italiano ai suoi due massimi esponenti: dietro ai campioni classe ’87, infatti, ci sono tanti atleti da top-3 europea e top-5 mondiale. Su tutti spiccano i già citati Viviana Bottaro e Mattia Busato nel kata, due garanzie di precisione e qualità (la Bottaro è la numero 3 al mondo) che potrebbero crescere ulteriormente nella strada verso Tokyo, ma soprattutto quel Simone Marino che ha sorpreso tutti a Kocaeli: il 20enne, reduce da una mezza delusione negli Europei di categoria (ne parleremo in seguito), ha dominato nella categoria +84kg, nella quale mancava un altro buonissimo interprete azzurro, quel Simone Maniscalco che si era infortunato agli Assoluti. Spettacolare la sua vittoria contro il turco Ernes Erkan, uno dei più forti in assoluto, che l’ha consacrato tra i migliori talenti emergenti a livello mondiale: se riuscirà a confermarsi, allora potrà essere il Basile del karate a Tokyo.

Ma la forza del movimento azzurro non è soltanto data dagli atleti attuali, che a Kocaeli si sono piazzati secondi nel medagliere generale, alle spalle della sola Turchia padrona di casa (14 medaglie: 4 ori, 4 argenti e 6 bronzi): l’Italia del karate può infatti sopravvivere grazie a un ampio e consolidato ricambio generazionale, che porta costantemente talenti emergenti nelle fila della nazionale azzurra. La dimostrazione viene dai recenti Europei giovanili di Sofia, che hanno visto gli azzurri fare incetta di medaglie e risultati di altissimo livello: se da un lato Marino non è andato oltre il 5° posto (rifacendosi ampiamente a Kocaeli, gliene va dato atto), dall’altro l’Italia ha portato a casa la bellezza di 13 medaglie, per un totale di 6 ori, tre argenti e quattro bronzi nelle categorie juniores e cadetti. Il ricambio generazionale, insomma, è già pronto, ed ha messo in mostra atleti del calibro di Cricco nel kata cadetti, oppure quella Clio Ferracuti che si è rivelata un autentico bulldozer per le avversarie. L’azzurra, oro nella categoria +68kg tra gli Under-21, non ha lasciato scampo a nessuna delle rivali, chiudendo senza subire neppure un punto nelle tante sfide disputate: sarà lei una delle prossime certezze del karate italiano, al pari di quella Viola Lallo che è arrivata quinta nella categoria 61kg, ma ha già fatto vedere grandi cose tra i ”grandi” e può solo crescere.

Insomma, il movimento del karate è italiano è forte, solido e costantemente rifornito di talenti: in ottica-Tokyo 2020, possiamo stare più che tranquilli, e sognare una o più medaglie tra kata e kumite. Sarà una variazione che porterà bene agli azzurri, quella proposta dal Comitato Organizzatore, e farà conoscere ampiamente (anche se il torneo si dipanerà in due giorni) un movimento che sin qui non ha ottenuto la visibilità che meriterebbe, forse anche a causa delle sue divisioni ”politiche”.

FIKTA, FIJLKAM E NON SOLO: LA TURBOLENTA STORIA ”FEDERALE” DEL KARATE

E qui entriamo in una sorta di campo minato, che però si merita una citazione per spiegare la difficile genesi del movimento azzurro, che tuttora non ha un’unica federazione di riferimento: il fatto che gli atleti partecipanti a Tokyo 2020 siano inseriti sotto l’egida della FIJLKAM (che racchiude judo, lotta, karate e arti marziali), infatti, non esclude la presenza di altre federazioni non riconosciute dal CONI, ma ugualmente attive e presenti. Il karate italiano, infatti, è un raro esempio di movimento diviso ”in piccoli staterelli”, con diverse federazioni e diversi atleti che partecipano a gare internazionali e non: già dalla nascita del movimento azzurro, risalente al lontano 1966, trovavamo la FIK (Federazione Italiana Karate) e l’AIK (Associazione Italiana Karate), con quest’ultima che è nata da Hiroshi Shirai, attualmente maestro della FIKTA. Ma non corriamo troppo, e andiamo a ripercorrere tutti i cambiamenti federali del karate: l’AIK diventa FESIKA (Federazione Sportiva Italiana Karate) nel 1970, e circa 10 anni dopo il CONI decide di unificare le due federazioni (FIK e FESIKA) per dare unità al movimento: l’esperimento porta alla nascita della FIKDA (Federazione Italiana Karate e Discipline Affini), subito trasformata in FIKTEDA dopo l’ingresso del neonato taekwondo. La FIKTEDA si scioglie nel 1985, formando ancora un blocco unico col taekwondo nella formazione della FITAK (Federazione Italiana Taekwondo Karate), con la promessa di un riconoscimento dal CONI che non arriverà: ecco dunque l’ultima scissione del nostro racconto, che porta alla nascita di quella FIKTA che raggruppa gli atleti che praticano il karate tradizionale e sono guidati a livello federale proprio da Hiroshi Shirai. Se leggendo tutti questi nomi vi è venuto mal di testa non fatevi problemi (abbiamo provato lo stesso sentimento), e non fatevi problemi neppure se vi perderete nel guazzabuglio di federazioni facendo una semplice ricerca online: il sunto è semplice, e vede FIJLKAM (la Federazione ”olimpica) e FIKTA vivere in parallelo, con la promessa (siglata nel 2012) di cooperare in futuro per promuovere questo sport, ritenuto ”un elemento essenziale per la formazione fisica e morale dei giovani”. Una convivenza che potrebbe portare alla nuova fusione delle federazioni in futuro, magari proprio dopo quei Giochi di Tokyo che daranno grande visibilità al karate della FIJLKAM: questo, però, lo scopriremo solo vivendo, e intanto ci limitiamo a goderci i grandi risultati di quegli atleti che tenteranno la qualificazione alle Olimpiadi!

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Marco Corradi
31 anni, un tesserino da pubblicista e una laurea specialistica in Lettere Moderne. Il calcio è la mia malattia, gli altri sport una passione che ho deciso di coltivare diventando uno degli Azzurri di Gloria. Collaboro con AlaNews e l'Interista

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