Peter Sagan non riesce proprio a sbloccarsi in questo 2020. Ma è crisi vera o un semplice passaggio a vuoto nella vita di un campionissimo?

Peter Sagan, 30 anni (fonte profilo Twitter Giro d’Italia)

“Bisogna saper perdere, non sempre si può vincere”. Era il 1967, quando, al Festival di Sanremo, i Rokes e Lucio Dalla presentarono il pezzo “Bisogna saper perdere”, divenuto presto un tormentone per il suo ritornello così orecchiabile. La canzone raccontava la rivalità sorta tra due amici per la stessa donna. La preferenza verso uno dei due innescava l’invidia dell’altro: da qui l’appello del prediletto nei confronti del compagno d’avventure ad accettare il verdetto senza polemizzare. In quell’anno al Giro d’Italia si impose per la seconda volta Felice Gimondi, un fuoriclasse assoluto che però si sarebbe ritrovato a imparare sulla sua pelle il crudo messaggio cantato dai Rokes e da Dalla a causa dello strapotere di Eddy Merckx. Nelle stagioni seguenti, infatti, il copione divenne quasi sempre lo stesso: il Cannibale dominava e agli altri, compreso l’indomito bergamasco, non restava che spartirsi le rare giornate di gloria, ripetendo magari tra sé e sé, quasi per consolarsi, il solito ritornello “bisogna saper perdere”. La bellezza dello sport, però, sta anche nella mutevolezza dei ruoli. Così, curiosamente, sarebbe stato proprio Gimondi a consolare Merckx negli ultimi anni di carriera contraddistinti dai lampi dell’italiano e dalle tante giornate ombrose del belga.

MALEDIZIONE

Peter Sagan non ha certamente difficoltà ad ammettere la bravura altrui, né a digerire una battuta a vuoto. Se tanti altri campioni, arrivati a conseguire svariati successi, hanno iniziato a guardare ai record con una certa ossessione, lo slovacco ha preferito sempre puntare sul divertimento. Sorridente, spigliato e sempre disponibile verso i tifosi, il fuoriclasse della Bora Hansgrohe è uno dei volti iconici del ciclismo mondiale, nonché il più pagato al mondo con 5 milioni di euro a stagione. Da uno dei simboli ci si aspetta sempre la copertina anche, se non quasi esclusivamente, per meriti sportivi. La vittoria è uno dei miti della società contemporanea, mentre l’insuccesso diventa dequalificante. Sagan ha vissuto stagioni indimenticabili. Nessuno prima di lui aveva mai vinto tre Mondiali consecutivi. “Peto” si è imposto anche al Giro delle Fiandre, alla Parigi-Roubaix e per sette volte nella classifica a punti del Tour de France, rendendo il proprio palmares unico. Per la prima volta dopo otto anni ricchi di magie, Peter ha incontrato la prima vera crisi di risultati. Nessun centro negli ultimi dodici mesi, complice anche la mannaia del Coronavirus sulla stagione 2020, accorciata e incastrata in quattro mesi. E si ha l’impressione di avere a che fare sempre di più con un’annata maledetta.

CRISI DEI 30

Guai a definire Sagan come “bollito”: i fuoriclasse hanno risorse e resurrezioni infinite. Certamente anche lui è incappato nella crisi dei trent’anni che spesso attanaglia tanti corridori. Un esempio? Merckx iniziò la sua brusca parabola discendente proprio a partire dal trentesimo compleanno: dal 1975 in poi non vestì più la maglia gialla e sparì dai piani alti delle classifiche, ritirandosi a 33 anni. Ci sono anche crisi passeggere. Vincenzo Nibali, subito dopo aver raggiunto quota 30, visse una stagione particolarmente critica, con il quarto posto al Tour da campione uscente e la squalifica alla Vuelta per traino. Dal 2016 in poi, il siciliano tornò pienamente competitivo su ogni fronte. A proposito di sprinters, Mark Cavendish, acerrimo rivale dello stesso Sagan, incappò nella prima vera crisi di risultati appena prima di compiere i trent’anni. Passato il 2014 da incubo, il mannese tornò pienamente competitivo. Insomma, Peter non è finito o avviato verso un rapido declino. Lo dicono i precedenti e lo spiega la grinta irriducibile con cui si danna in ogni occasione cercando di sfatare la maledizione che sembra attanagliarlo negli ultimi mesi. Si dice che le difficoltà fortifichino più dei momenti positivi. Dunque è lecito attendersi un Sagan ancora più forte, una volta interrotto il digiuno. Del resto, se le vittorie sono come le vicende sentimentali, basta ripensare a una canzone del 1991. Peter, forse, non la conoscerà, ma farebbe bene a riascoltarsela. Si tratta di “Amici mai” di Antonello Venditti. Magari il successo farà la stessa strada degli amori del cantante romano, compiendo giri immensi e tornando puntualmente al punto di partenza.

Federico Mariani
Nato a Cremona il 31 maggio 1992, laureato in Lettere Moderne, presso l'Università di Pavia. Tra le mie passioni, ci sono sport e scrittura. Seguo in particolare ciclismo e pallavolo.

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